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Perché esiste un lago rosso (e uno bianco vicino) a due passi da Roma

Lago colorato nella riserva naturale di Decima Malafede – Roma.Cronacalive.it (foto Facebook)

La mitologia della fondazione di Roma si intreccia con la natura geotermica di un laghetto bianco, oggi affiancato da un altro lago… rosso

La Solforata di Pomezia non è a Pomezia ma nella riserva naturale di Decima Malafede, a sud-est di Roma. In questi luoghi negli anni Sessanta e Settanta esisteva la più grande miniera di zolfo a cielo aperto di tutta l’Europa, che ai tempi era in grado di produrre il 20% del fabbisogno nazionale nell’impianto progettato da Renzo Piano: si trattava di un tunnel mobile che seguiva gli scavi e un nastro trasportatore che portava il minerale a Pomezia per la sua lavorazione.

L’attuale enorme cava abbandonata di Tor Tignosa formatasi in seguito agli scavi è diventata un lago rosso – o per meglio dire a tinte ruggine – chiamato lago degli innamorati. Non è l’unico lago della zona: vicino ce ne sono altri tre, di cui uno di color bianco latte.

Queste colorazioni anomale dei laghetti sono causate dai depositi di zolfo e dalle emissioni gassose di anidride carbonica e acido solfidrico – che è zolfo in forma gassosa – dovute ai fenomeni di vulcanismo secondario: la zona infatti si trova sulle pendici estreme del Vulcano Laziale.

Le elevate concentrazioni di gas tossici e la conseguente pericolosità non sono segnalate: l’accumulo di acido solfidrico in quantità elevate attorno al laghetto bianco e al canale adiacente è addirittura potenzialmente letale in assenza di vento, come attestato dalle carogne di cinghiali, volpi, cani e gatti che nel corso del tempo vi sono state ritrovate.

Il laghetto bianco latte

Il laghetto bianco ha origini molto più remote rispetto al lago degli innamorati, e infatti esisteva già nell’antichità: ne parla Virgilio nell’Eneide, che cita un laghetto lattiginoso nella Selva Albunea come zona di dimora del dio Fauno.

E proprio a Tor Tignosa furono ritrovati nel 1949 tre cippi risalenti al III secolo a.C. con le iscrizioni “Parca Maurtia dono”, “Neuna dono” e “Neuna fata”, ossia le divinità del destino; nel 1958 fu rinvenuto un altro cippo dedicato al Lare Enea, di fatto il primo reperto che attesta il culto dell’eroe troiano in territorio romano.

L’oracolo di Fauno

In seguito a questi ritrovamenti – oggi conservati nel Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano – agli studiosi non rimasero dubbi: Virgilio si riferiva proprio alla zona della Solforata quando parlava dell’oracolo di Fauno, che fu l’oracolo che annunciò a re Latino l’arrivo di Enea e la fondazione di Roma da parte della sua progenie.

Vicino alla Solforata si trova la grotta di Fauno, un piccolo antro con una sorgente di acqua sulfurea che anticamente si riteneva il luogo da cui parlava l’oracolo del dio Fauno. Qui sorgeva anche un tempio in onore di Lare Aenia, meta di pellegrinaggi rituali da Roma. A questi luoghi di per sé suggestivi per le caratteristiche geotermiche della zona e le particolarità cromatiche dei laghetti si aggiunge il fascino evocativo e senza tempo della mitologia.