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La vicenda della manager licenziata dopo lo stupro: analisi delle motivazioni dietro le assenze

La storia di una manager italiana che è stata licenziata dal lavoro a seguito di uno stupro subito a Milano ha destato scalpore e sollevato numerose polemiche. La donna, vittima di violenza sessuale da parte di due individui, si è vista costretta ad assentarsi per curarsi, ma ciò le è costato il posto di lavoro.

Il dramma della manager e le conseguenze sul lavoro

La vicenda drammatica ha avuto inizio a marzo del 2023, quando la manager è stata brutalmente violentata da due giovani nei pressi dei Navigli a Milano. Gli autori del terribile gesto sono stati identificati e condannati, ma la vita della donna è stata segnata in modo indelebile.

Il licenziamento e le sue motivazioni

Nonostante le assenze fossero giustificate dalle necessità di cura e dal percorso di riabilitazione psicofisica intrapreso dalla manager, l’azienda per cui lavorava ha deciso di licenziarla per le troppe assenze accumulate. La decisione è stata comunicata alla donna il 11 marzo, quando le è stata revocata la sua posizione di “Service Merchandiser”.

La lotta della manager per la propria salute

La manager, una giovane di 32 anni con una carriera brillante alle spalle, ha dovuto affrontare non solo il trauma dello stupro, ma anche le conseguenze fisiche e psicologiche che ne sono derivate. Costantemente seguita da specialisti e psichiatri, la sua salute è stata messa a dura prova, tanto da far emergere il rischio di pensieri suicidi.

Nonostante le difficoltà, la manager ha dimostrato un grande impegno professionale prima dell’aggressione, distinguendosi per il suo talento e dedizione al lavoro. Il licenziamento, pertanto, ha sollevato dubbi sulla reale motivazione dell’azienda e ha portato all’apertura di un dibattito sulla tutela dei diritti delle vittime di violenza.