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La controversia sull’emendamento che equipara la cannabis light alla sostanza illegale

Un emendamento proposto dal governo ha scatenato una forte polemica riguardo alla cannabis light in Italia. La proposta equipara la cannabis con un tenore di Thc inferiore allo 0,2% alla sostanza illegale, suscitando reazioni contrastanti tra i rivenditori e gli attori della filiera.

Le implicazioni dell’emendamento del Ddl sicurezza

L’emendamento in questione, attualmente oggetto di discussione nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia alla Camera, mira a vietare la coltivazione e la vendita della cannabis light. Questa tipologia di cannabis, legale fino ad oggi se contenente un Thc inferiore allo 0,2%, potrebbe essere proibita in base al nuovo testo normativo.

Le imprese coinvolte nella filiera della cannabis light in Italia sono circa 3.000, generando un giro d’affari di circa 150 milioni di euro all’anno. Questo settore non solo fornisce occupazione, ma contribuisce anche a sottrarre risorse economiche alla criminalità organizzata. Tuttavia, con l’eventuale approvazione dell’emendamento, la situazione potrebbe radicalmente cambiare, aprendo la strada a un possibile ritorno della criminalità nel settore.

Le proteste dei rivenditori e le conseguenze economiche

I rivenditori e i titolari di attività legate alla cannabis light hanno manifestato la loro contrarietà all’emendamento, poiché potrebbe comportare la chiusura dei loro negozi e un crollo delle vendite. L’approvazione della proposta normativa porterebbe alla messa al bando totale dei prodotti derivati dalla cannabis, indipendentemente dal contenuto di Thc.

Questo divieto coinvolgerebbe non solo le infiorescenze, ma anche prodotti come semi, pasta, pane, oli, creme e liquidi per sigarette elettroniche. Le conseguenze economiche e sociali di tale decisione potrebbero essere significative, con un impatto diretto sul settore e sulle attività commerciali ad esso legate.