Home » Visibilia sotto la lente: indagini per truffa all’INPS e coinvolgimento della ministra Santanchè

Visibilia sotto la lente: indagini per truffa all’INPS e coinvolgimento della ministra Santanchè

Le acque si stanno agitando per la ministra Daniela Santanchè, coinvolta nelle indagini condotte dalla Procura di Milano nei confronti dell’azienda Visibilia. L’accusa? Truffa aggravata all’INPS. La questione, tutt’altro che leggera, riguarda la gestione dei fondi per la cassa integrazione durante la pandemia. Ma andiamo con ordine e vediamo di capire meglio cosa sta succedendo.

Il caso visibilia: truffa aggravata all’inps

Secondo quanto emerge dalle indagini, la società Visibilia avrebbe compiuto una truffa ai danni dell’INPS, sfruttando i fondi destinati alla cassa integrazione durante il periodo pandemico. La ministra Santanchè, legata alla società, risulta coinvolta nella questione insieme ad altre sei persone. Tra i nomi coinvolti, spiccano quello del compagno della ministra e del responsabile delle tesorerie per Visibilia Group. Ma non è tutto, perché l’attenzione dei magistrati si è focalizzata anche su Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria.

Le irregolarità contestate a visibilia

Ma in cosa consisterebbero esattamente le irregolarità contestate a Visibilia? Sembra che la società abbia usufruito della cassa integrazione per 13 dipendenti, incassando quasi 130 mila euro dall’INPS. Ma c’è un problema: i dipendenti in questione, nonostante la cassa integrazione, avrebbero continuato a lavorare. A questo si aggiunge l’accusa di falsa documentazione per ottenere compensi non dovuti. Insomma, un bel guaio.

La denuncia che ha aperto l’indagine sul caso visibilia

A far partire l’indagine sul caso Visibilia è stata una denuncia di FB, ex responsabile Investor Relations dell’azienda. La donna ha sostenuto di essere stata messa in cassa integrazione nel 2020, ma di aver continuato a lavorare per la società legata alla ministra. A sostegno delle sue affermazioni, ci sarebbero intercettazioni telefoniche che confermerebbero la versione della donna e le attività illecite all’interno dell’azienda. Si parla anche di bonifici bancari effettuati per compensare la retribuzione netta mensile, giustificati con rimborsi che, in realtà, non sarebbero mai avvenuti.