Agli italiani non piace… l’italiano! Gli errori grammaticali più comuni, attenti ai romani
Nel Paese con la tradizione letteraria tra le più antiche del pianeta, sono sempre più gli italiani che commettono errori grammaticali.
“Qual’è“, “pultroppo“, “propio“, “avvolte“, e persino “al linguine” sono tra gli strafalcioni che maggiormente si riscontrano nelle frasi che gli italiani scrivono, soprattutto sui social.
Nel paese di Dante, le regole della grammatica sembrano sfuggire a una parte significativa della popolazione italiana. L’indagine condotta da Libreriamo, in occasione della XVII Settimana della lingua italiana nel mondo, ha rivelato che ben sette italiani su dieci commettono errori grammaticali regolarmente, dando vita a una sorta di “grammatica creativa” che ha ben poco a che fare con le regole linguistiche.
Una delle vittime preferite dagli italiani è l’apostrofo, il cui uso pare sconosciuto al 68% degli intervistati. In particolare, affligge l’uso dell’apostrofo con l’articolo indeterminativo, con il risultato che c’è chi lo usa sempre e chi mai: la regola, però, parla chiaro e l’apostrofo, in questo caso, si usa soltanto se il nome è femminile. Quindi scriveremo “Un’amica ” ed “Un amico”.
Nell’espressione “Qual è”, invece, la maggior parte tende a piazzare un apostrofo dopo la lettera “l”, commettendo un errore marchiano: “qual è” non va mai apostrofato.
Un’estetista, nel proprio post su un social scriveva di aver praticato molte “cerette al linguine”: se lo avesse semplicemente detto, nessuno avrebbe individuato l’errore ma, avendolo scritto… E quante volte ci si è trovati a leggere (o scrivere) “daccordo”, invece del corretto “d’accordo”, dimenticando ancora una volta il povero apostrofo?! Magari però, poi, ci si rifà con un “d’appertutto” da brivido (si scrive “dappertutto”)
Congiuntivo all’amatriciana
L’uso del congiuntivo mette alla prova il 69% degli italiani e molti capitolano senza pietà. La differenza tra l’espressione “spero che “hai” superato l’esame” e “spero che tu lo “abbia” superato” sembra sfuggire a molti, denunciando la seria crisi che sta attraversando la grammatica italiana.
In particolare, la difficoltà emerge maggiormente laddove alcuni dialetti addirittura rifiutano questa forma verbale: ed è il caso del dialetto romanesco che, al congiuntivo presente – “Non sai cosa gli farebbi…” – preferisce addirittura l’imperfetto, arrivando persino ad esportarlo: “che studiasse di più, invece di perdere tempo”. Ormai sdoganata da tempo, l’espressione è infatti diventata di uso comune. E, comunque, sempre di congiuntivo si tratta, in fondo. Quanto al congiuntivo presente, il dialetto romano lo coniuga, al singolare, in “i”, cosicché “venga” diventa semplicemente “venghi”.
Anche con pronomi, avverbi e particelle gli italiani dimostrano di avere poche idee e, tutte, piuttosto confuse: “gli” diventa unigenere, dimenticando che fa rimerimento a “lui” e, quindi, se ci volessimo riferire ad un sostantivo femminile dovremo sostituirlo con un “le= a/di lei” “; “ne” (particella) e “né” (negazione) si alternano a piacere, così come la parolina “po” “pò “ e “po’ “ si trova scritta in tutte le varianti: l’unica corretta, però, è quella con l’apostrofo: “po’ “, come contrazione dell’avverbio “poco”.
Curiosamente, molti degli errori grammaticali hanno una nota di creatività che rischia di sdoganare l’errore: così, per molti, la “salsiccia” è ormai diventata “salciccia” ed il “cortello” si trova a tavola insieme a cucchiaio e forchetta: mutuato dal dialetto romanesco, l’uso della “r” al posto della “l” sta cominciando a diffondersi anche in altre regioni d’Italia: tanto, poi, arriva il “pultroppo” che, statisticamente, rimette i numeri a posto. Solo quelli, però, perché – purtroppo – nel frattempo abbiamo commesso un altro scempio.
Un fattore che ha significativamente contribuito – e continua a farlo – allo sviluppo di questa “grammatica creativa” è l’uso diffuso di internet e dei social media. “Questo è un problema che viene troppo spesso sottovalutato – afferma Saro Trovato, sociologo e fondatore di Libreriamo –. Non è possibile commettere certi errori e soprattutto non è accettabile che a farli siano soprattutto i giovani. Questo è figlio di un cattivo uso di internet e dei social, che oramai sono diventati la prima fonte di svago per i giovani, sottraendo tempo allo studio della nostra lingua. La rete invece, se utilizzata nel modo corretto, può contribuire a risollevare questa tendenza negativa”.
Un dato preoccupante emerge da uno studio condotto dal Survey of Adult Skills (PIAAC): in Italia, il 28% della popolazione è classificato come analfabeta funzionale, ovvero persone in grado di leggere e scrivere ma con difficoltà nel comprendere testi semplici.
Inutile dire che questo valore ci posiziona ai primi posti della classifica europea, regalandoci un davvero discutibile primato: la nuova lingua, nata per scambiare messaggi velocemente nelle chat – tutta abbreviazioni e con un gergo ormai entrato nell’intercalare quotidiano – sta però per banalizzare la nostra capacità di relazione, dove dimostriamo – soprattutto nella popolazione più giovane – una pericolosa difficoltà anche nel comprendere testi semplici.
Il rimedio, naturalmente, esiste, ma è faticoso: leggere con regolarità (76%), scrivere a mano (43%) ed evitare neologismi (35%) possono essere alcuni segreti per migliorare però e, così facendo, magari si eviterebbe che molti laureati finiscano con il vedersi bocciati agli esami di abilitazione, come capitò agli aspiranti magistrati che, nel 2021, non superarono la prova scritta per errori di grammatica.