Nel corso del processo che vede imputata Alessia Pifferi per l’omicidio della figlia Diana, il suo legale difensore, Alessia Pontenanti, ha presentato la richiesta di assoluzione per la sua assistita. La vicenda ha destato grande interesse mediatico e ha suscitato dibattiti sulla responsabilità e sulle circostanze che hanno portato alla tragica morte della bambina.
La difesa chiede l’assoluzione
Alessia Pontenanti ha sottolineato durante la requisitoria quanto sia stata difficile la vita di Alessia Pifferi, caratterizzata da incuria e abbandono. L’avvocato ha posto l’accento sulle circostanze che hanno influenzato il comportamento della sua assistita, affermando che non spetta al tribunale emettere giudizi morali. Pontenanti ha dichiarato: “Non è compito nostro dare giudizi morali, per questo vi chiedo l’assoluzione di Alessia Pifferi. È evidente che non volesse uccidere la bambina. Ha avuto una vita terribile, è cresciuta nell’incuria e nell’abbandono, non voglio accusare nessuno”.
La posizione della parte civile
Diversa è la visione della parte civile, rappresentata dall’avvocato Emanuele De Mitri. Secondo il legale, Alessia Pifferi è responsabile della morte della figlia e avrebbe agito consapevolmente lasciandola sola in casa per sei giorni, causandone il decesso. De Mitri ha definito l’imputata “una donna presuntuosa” per non aver chiesto aiuto alla famiglia nonostante sapeva di poter contare su di loro. Ha inoltre richiesto un risarcimento per la madre e la sorella di Alessia Pifferi.
Valutazione psichiatrica e conclusioni
Durante il processo, Alessia Pifferi è stata giudicata capace di intendere e volere. Lo psichiatra forense Elvezio Pirfo ha confermato che l’imputata era pienamente cosciente quando ha abbandonato la figlia per recarsi altrove. Secondo l’esperto, Alessia Pifferi ha prioritizzato i suoi desideri personali alla cura della bambina, dimostrando una mancanza di responsabilità materna.