La tragica morte del procuratore Nicola Giacumbi: un simbolo di coraggio e impegno per la giustizia
Nel cuore della notte del 16 marzo 1980, la città di Salerno fu scossa da un brutale assassinio che avrebbe lasciato un segno indelebile nella storia italiana. Nicola Giacumbi, procuratore della Repubblica “facente funzioni”, venne ucciso mentre tornava a casa insieme alla moglie, dopo aver trascorso una tranquilla domenica in famiglia. Il suo impegno per la giustizia e la legalità lo condusse a rifiutare la scorta, preferendo non mettere a rischio altre vite umane.
Un omicidio che ha sconvolto l’Italia
Il procuratore Giacumbi fu vittima di un commando terroristico delle Brigate Rosse, colonna Fabrizio Pelli, che gli sparò quattordici colpi di pistola lungo Corso Garibaldi. Questo atto brutale, perpetrato due anni dopo il sequestro di Aldo Moro, aveva un forte valore simbolico, poiché si cercava di creare un legame tra Nord e Sud attraverso la violenza terroristica.
Un magistrato coraggioso e determinato
Nicola Giacumbi stava lavorando a un dossier sulle Brigate Rosse e sull’incendio della filiale Fiat, un caso di grave violenza che aveva scosso l’opinione pubblica. Il suo impegno nel contrastare il terrorismo lo rese un obiettivo per i gruppi estremisti, che rivendicarono l’omicidio in una telefonata a una televisione locale.
La risposta delle istituzioni e la ricerca della verità
Le indagini condotte dai carabinieri, guidati dal generale Dalla Chiesa, portarono all’individuazione degli autori dell’assassinio di Giacumbi. L’irruzione nel covo di via Fracchia a Genova e lo scontro a fuoco che ne seguì portarono all’uccisione di quattro terroristi delle Brigate Rosse. Otto brigatisti furono riconosciuti colpevoli e condannati per l’omicidio del procuratore.
La morte di Nicola Giacumbi ha rappresentato un duro colpo per il sistema giudiziario italiano, ma ha anche evidenziato il coraggio e la dedizione di un magistrato che ha sacrificato la propria vita nell’adempimento del proprio dovere. Nel maggio del 2010, il procuratore è stato postumo insignito della medaglia d’oro alla memoria, in riconoscimento del suo impegno per la giustizia e la legalità.