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Il mistero dell’omicidio del medico Giuseppe Furci

La storia dell’omicidio del medico italiano Giuseppe Furci, avvenuto il primo dicembre del 1980 sotto la sua abitazione a Roma, è un caso che ha destato molte controversie e interrogativi nel corso degli anni.

Il tragico evento

Giuseppe Furci, nato a Roma il 23 luglio del 1926, ricopriva il ruolo di direttore sanitario del centro clinico del carcere di Regina Coeli al momento della sua tragica fine. La mattina del 1° dicembre 1980, mentre si trovava sotto la sua abitazione in via Bartolomeo Gosio a Roma, fu colpito da due spari alla testa, perdendo la vita sul colpo. Questo terribile evento sconvolse la comunità medica e cittadina, lasciando dietro di sé un alone di mistero e dubbio.

Le rivendicazioni e le controversie

Il delitto di Giuseppe Furci venne inizialmente rivendicato dalla colonna milanese delle Brigate Rosse, con Walter Alasia come presunto mandante, attraverso una telefonata al quotidiano L’Unità. Tuttavia, l’autenticità di questa rivendicazione è stata messa in dubbio nel corso delle indagini e degli anni successivi. Nel 1982, Laudovino De Sanctis si autoaccusò dell’omicidio di Furci, ma le prove a suo carico non furono sufficienti per una condanna definitiva, portando alla sua assoluzione in appello per mancanza di prove concrete.

Le indagini e l’assenza di colpevoli

Prima dell’omicidio, il medico Giuseppe Furci era già stato oggetto di un attentato dinamitardo, avvenuto il 5 ottobre del 1980, che fortunatamente non ebbe esito a causa di un difetto nella miccia. Questo evento aveva già destato preoccupazione e sospetti sulle possibili minacce alla sua persona. Nonostante gli sforzi investigativi e processuali, i veri responsabili dell’assassinio di Furci non sono mai stati identificati, lasciando aperti numerosi interrogativi sulla motivazione e sull’esecuzione del crimine.

Per onorare la memoria di Giuseppe Furci e la sua tragica fine, nel 2011 è stata conferita a lui postuma la medaglia d’oro di “vittima del terrorismo”, riconoscendo il suo contributo alla società e la brutalità dell’atto che ne causò la morte.