Condanna richiesta per gli americani coinvolti nell’omicidio del vicebrigadiere dei Carabinieri a Roma
La richiesta di condanna a 23 anni e 9 mesi per Lee Elder Finnegar e a 23 anni per Gabriele Natale Hjorth è stata avanzata dal procuratore generale della Corte d’Appello di Roma. I due cittadini americani sono accusati dell’omicidio del vicebrigadiere dei Carabinieri, Mario Cerciello Rega, avvenuto nella notte del 26 luglio 2019 a Roma.
Il delitto e la richiesta di condanna
Nella tragica notte del 26 luglio 2019, Lee Elder Finnegar e Gabriele Natale Hjorth, entrambi all’epoca diciannovenni, sono stati coinvolti nell’omicidio del vicebrigadiere dei Carabinieri, Mario Cerciello Rega, avvenuto a Roma. I due giovani sono stati accusati di aver rubato lo zaino di un pusher e, quando i militari hanno tentato di fermarli, Elder ha reagito con violenza, colpendo a morte Cerciello con 11 coltellate.
La vicenda processuale
Dopo l’arresto dei due aggressori, è iniziato un lungo iter processuale che ha portato inizialmente a condanne di 24 anni per Elder e 22 anni per Hjorth. Tuttavia, la Cassazione ha successivamente annullato tali condanne e ha ordinato un nuovo processo d’appello. È in questo contesto che il procuratore generale della Corte d’Appello di Roma ha avanzato la richiesta di condanna a 23 anni e 9 mesi per Lee Elder Finnegar e a 23 anni per Gabriele Natale Hjorth.
La dinamica dell’omicidio
La sera dell’omicidio, Mario Cerciello Rega e il collega Andrea Varriale erano in servizio quando sono stati chiamati per intervenire su una situazione di furto da parte dei due studenti americani. Secondo quanto emerso dalle indagini, Elder è stato l’autore materiale dell’omicidio, mentre Hjorth lo ha aiutato a occultare l’arma del delitto nella loro stanza d’albergo. I due giovani avevano rubato lo zaino di un pusher e avevano cercato di fare uno scambio con il suo contenuto per ottenere droga e denaro.
I legali di Elder e Hjorth hanno difeso i propri assistiti sostenendo che agirono per legittima difesa, poiché credevano che i carabinieri fossero spacciatori e temevano per la propria incolumità. Tuttavia, questa tesi è stata respinta dal collega di Cerciello, Andrea Varriale, che ha sempre negato che i due agenti si siano presentati come spacciatori durante l’incontro con gli studenti.
La sentenza attesa
La richiesta di condanna del procuratore generale della Corte d’Appello di Roma segna un ulteriore passo nel processo che ha tenuto banco per diversi anni. Ora spetta al tribunale decidere sulle richieste avanzate e emettere una sentenza che possa fare chiarezza su questa vicenda che ha scosso l’opinione pubblica italiana e internazionale.