Nomina De Fusco al Teatro di Roma, Pd e Comune annunciano ricorso
Compenso “esorbitante” e “delega in bianco” per De Fusco: i Dem annunciano un’interrogazione urgente al ministro Sangiuliano.
La decisione del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Teatro di Roma di nominare Luca De Fusco come direttore generale sta scatenando una forte polemica politica, con il Partito Democratico che ha preso posizione in modo deciso.
La decisione, assunta ieri dal Cda della Fondazione alla presenza dei tre componenti indicati da Regione e ministero della Cultura, è stata contestata dall’opposizione, con la segretaria del Pd, Elly Schlein, che ha affermato “la destra al governo, nazionale e regionale che sia, ha sempre e solo la stessa ossessione: occupare poltrone”. Assenti nel Cda il presidente, Francesco Siciliano, e la consigliera indicata dal Comune, Natalia Di Iorio.
La polemica ha raggiunto il parlamento, con il responsabile Cultura, Federico Mollicone, coinvolto nella vicenda, che parla di nomina “legittimata dagli organi di controllo e da urgenze di bilancio”. I democratici hanno quindi annunciato un’interrogazione urgente al ministro Sangiuliano, mentre il sindaco Roberto Gualtieri si prepara a impugnare la delibera.
L’accusa di Siciliano
A criticare la nomina è anche il presidente del Teatro, Francesco Siciliano, che si è astenuto dalla votazione. Siciliano ha puntato il dito sulle modalità della nomina di De Fusco, con una “delega in bianco” assegnata a un componente del consiglio per definire i dettagli del contratto e soprattutto il compenso nel neo dg, “150mila euro, oltre ai compensi per le regie, una cifra esorbitante” e quasi triplicata rispetto ai “68mila euro” finora percepiti da De Fusco allo Stabile di Catania. “Ho invitato tutti i consiglieri e i sindaci ad intervenire e a desistere dal proposito sopra descritto, altrimenti saranno valutate tutte le azioni conseguenti”, ha continuato Siciliano. “Ci opporremo in tutte le sedi a questo atto di prepotenza inaccettabile”, ha ribadito Gualtieri.
“È stata una scelta di responsabilità assolutamente legittima”, replica il vicepresidente del Teatro, Danilo Del Gaizo, indicato dalla Regione Lazio. “La Fondazione non può funzionare senza un direttore generale“, sarebbe “monca senza l’organo amministrativo e anche di conduzione artistica, più importante”. Nel frattempo Mollicone ha fortemente criticato la gestione del teatro di Siciliano: “Per colpa sua il Teatro di Roma è in esercizio provvisorio e sta rischiando di perdere il finanziamento ministeriale, senza il quale non sarebbe possibile l’equilibrio di bilancio. Pertanto la nomina, dato l’atteggiamento riottoso dei rappresentanti del Comune, è stata decisa in via urgente dai soci”, ha sottolineato l’esponente FdI, rivendicando per sé, in qualità di “prima carica istituzionale nel settore culturale del Parlamento”, “il compito di vigilanza, insieme alla commissione Cultura, su tutti i teatri Stabili e le istituzioni culturali”.
Un ruolo che viene contestato dal Pd, con Matteo Orfini che accusa Mollicone di “ingerenza indebita” e Irene Manzi di aver “commissariato Sangiuliano“. I democratici sostengono che l’esponente di Fratelli d’Italia si sarebbe imposto sul ministro, che avrebbe invece potuto appoggiare il nome di Onofrio Cutaia, attuale commissario del Maggio Fiorentino.
La partecipazione di artisti e attori
Nello scontro scoppiato in queste ore stanno scendendo in campo anche artisti e attori, tra cui Matteo Garrone, Lino Guanciale, Elio Germano, Maddalena Parise e Vinicio Marchioni, che hanno firmato una lettera aperta a sostegno di una scelta condivisa per il Teatro di Roma.
Allo stesso tempo, un presidio di lavoratori, guidato dall’assessore alla Cultura del Campidoglio Miguel Gotor davanti al Teatro Argentina, hanno annunciato un’assemblea e iniziative di mobilitazione.
Dal sottosegretario Vittorio Sgarbi arriva invece una proposta: “De Fusco chieda di essere votato da tutto il cda: un contropiede limitatamente rischioso, rispetto allo schema di prepotenza che è stato rappresentato. Così la sua direzione è mutilata e minacciata. De Fusco, per la sua storia, non vale meno degli altri candidati, politicamente, più che culturalmente, a lui contrapposti”.