Il sottosegretario alla Cultura è accusato di aver acquistato un dipinto rubato e modificato per renderlo irriconoscibile.
Il sottosegretario ai Beni Culturali Vittorio Sgarbi è al centro di un’indagine condotta dalla Procura di Macerata per il presunto riciclaggio di beni culturali. L’accusa riguarda un dipinto attribuito a Rutilio Manetti (1571-1639), celebre artista del Seicento senese, trafugato nel 2013 dal Castello di Buriasco vicino a Pinerolo e riapparso a Lucca nel 2021, presentato come inedito e di proprietà del critico d’arte ferrarese.
La Procura di Imperia, che nel 2023 aveva già indagato Sgarbi per l’esportazione illecita di un quadro all’estero, ha trasmesso agli inquirenti maceratesi gli atti relativi all’inchiesta, scaturita da un’indagine giornalistica congiunta del Fatto Quotidiano e di Report. Il procuratore di Macerata, Giovanni Fabrizio Narbone, ha confermato l’iscrizione del fascicolo per il reato di riciclaggio di beni culturali, diverso dall’ipotesi originaria di furto di beni culturali. Dal canto suo Sgarbi respinge le accuse: “non ho ricevuto nessun avviso d’indagine. Né saprei come essere indagato di un furto che non ho commesso. E per un reato compiuto 11 anni fa, in circostanze non chiarite dagli inquirenti di allora. Da questa notizia risulta una palese violazione del segreto istruttorio, l’unico reato di cui ci sia evidenza”.
Le parole di Sgarbi non hanno placato le critiche dell’opposizione, che chiede la sua revoca. “Meloni e Sangiuliano smettano di proteggere Sgarbi“, tuona la deputata dem Irene Manzi. “Se confermate le notizie, la vicenda confermerebbe la ‘gravità’ della posizione del sottosegretario che ‘lede l’onore delle istituzioni’ e non può mantenere il suo incarico”, dicono dal M5s. Per la senatrice Elisabetta Piccolotti (Avs), “questa lunga serie di comportamenti dovrebbe indurre un governo preoccupato dell’onorabilità dell’Italia a chiedere al sottosegretario Sgarbi un passo indietro”. A tutti replica il ministro della Cultura. “Non faccio il magistrato – dice Sangiuliano – se la magistratura arriverà ad una conclusione ne prenderemo atto, ma i processi si fanno nei tribunali”.
L’inchiesta è stata avviata dal Fatto il 15 dicembre e successivamente affrontata in due puntate di Report. Il dipinto oggetto della controversia è la “Cattura di San Pietro” attribuita a Manetti.
La tela fino al 2013 si trovava nel castello di Buriasco, di proprietà di un’anziana signora, dove Sgarbi era stato più volte e dove un amico del critico avrebbe proposto alla donna di comprare il quadro. Poche settimane dopo la tela venne rubata ma la denuncia di furto venne archiviata dalla Procura di Pinerolo. La tela è stata poi ritrovata nel 2021 a Lucca, presentata da Sgarbi come una sua proprietà, ma con un dettaglio diverso: una torcia sul fondale che nella foto dell’Anticrimine non c’è. Per un restauratore, “il quadro è quello, me lo portò un amico di Vittorio con un trasportatore, arrotolato come un tappeto”; e la tela potrebbe essere stata modificata per differenziarla.
Insomma, le indagini coinvolgono testimonianze di restauratori e proprietari di laboratori, svelando un intricato susseguirsi di eventi che sollevano interrogativi sulla provenienza e l’autenticità del dipinto. Sgarbi insiste sulla sua innocenza, affermando che il quadro è di sua proprietà e che l’opera rubata è una copia. “Da quello che si legge, – chiosa però Sgarbi – l’opera è stata malamente tagliata. Quella in mio possesso è in buone condizioni e con una stesura pittorica ben conservata e uniforme. Qualunque valutazione va fatta sull’opera di cui quella rubata è manifestamente una copia, come tutte quelle conservate in quel castello di cui nessuno si è preoccupato. Né credo sia un reato fare eseguire la fotografia di un’opera di cui tutti gli esperti hanno visto l’originale esposto a Lucca”.