Cronaca

Roma, pm chiede 5 anni per i due commilitoni di Positano, morto nel 2010 in Afghanistan

L’arrivo in Italia della salma del caporalmaggiore Francesco Positano, il 25 giugno 2010. Roma-CronacaLive.it

Amelio: “Fu un vero e proprio depistaggio”. Il pm romano chiede condanna a 5 anni per i due commilitoni di Positano

La procura capitolina non mette in dubbio che la morte del caporalmaggiore dell’Esercito Francesco Saverio Positano29 anni appena – non sia stata dovuta ad un gesto volontario, ma che si sarebbe potuta evitare se fossero state rispettate le regole di sicurezza, quello sì. E, soprattutto, punta il dito sulle bugie e le mezze verità raccontate per nascondere l’accaduto.

Così, oggi, nella requisitoria durata ben 7 ore, il pm Erminio Amelio ha chiesto che Matteo Rabbone, l’autista del mezzo e Vincenzo Ricciardi, ufficiale responsabile del plotone,  vengano condannati a 5 anni per omicidio colposo.

Il giovane caporalmaggiore leccese morì il 23 giugno del 2010 ad Herat, in Afghanistan, nel corso di una missione di perlustrazione, schiacciato dal blindato Buffalo.

Chiesti 5 anni per Matteo Rabone e Vincenzo Ricciardi

Il caporalmaggiore Francesco Saverio Positano, foto d’archivio. Roma-CronacaLive.it

Le prime dichiarazioni dei due commilitoni di Positano fecero pensare che il militare fosse caduto dal mezzo perché colpito da malore e fosse stato impossibile evitare di travolgerlo ma le indagini successive consegnarono una versione dei fatti ben diversa. Secondo gli investigatori, Positano sarebbe sceso dal mezzo per controllarlo e sarebbe finito travolto dal blindato: se il motore fosse stato spento e si fossero rispettate le regole previste nei manuali, non sarebbe accaduto.

‘’Pochi giorni prima di questo incidente c’erano stati altri morti fra i militari italiani, a causa di attentati con ordigni, un’altra vittima non si poteva accettare, l’opinione pubblica non ne poteva più – ha dichiarato in aula Amelio nella sua requisitoria-fiume – e l’esercito non si voleva più sobbarcare altre critiche. Qui però la morte è avvenuta per una grave falla’’ – ha puntualizzato il pm – ‘’Hanno tentato di mettere una toppa per chiudere il buco, i militari non potevano dire ‘siamo noi i responsabili’ ’’.

Amelio non ha dubbi che si sia trattato di “vera e propria attività di depistaggio in senso lato per un malinteso spirito di corpo. Ci sono stati testi reticenti e testi che hanno raccontato bugie, tanto da finire sotto inchiesta, per alcuni è scattata la prescrizione, per altri l’archiviazione. Ma – ha concluso – la tragedia accaduta ad un loro commilitone sarebbe potuta accadere a loro“.