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Vaticano, 5 anni e mezzo per Angelo Becciu: condanna per peculato e truffa aggravata

CARDINALE ANGELO BECCIU condanna
Cardinale Angelo Becciu, condannato a 5 anni. Immagine di repertorio. Roma-CronacaLive.it

5 anni e mezzo di carcere, 8mila euro di multa e interdizione dai pubblici uffici: il tribunale Vaticano condanna il cardinale Angelo Becciu.

Triste primato quello di Giovanni Angelo Becciu: è il primo cardinale ad essere condannato penalmente in Vaticano da un tribunale composto da laici. Mai prima, in tutta la storia di Santa Romana Chiesa, un prelato era stato sottoposto al giudizio di un organo di giustizia non religioso.

Al cardinale è risultata fatale la compravendita del palazzo di Londra e la gestione “allegra” dei fondi della Segreteria di Stato e, per questi reati, il Tribunale vaticano ha condannato Becciu a 5 anni e 6 mesi di reclusione,  con interdizione perpetua dai pubblici uffici e 8.000 euro di multa.

Pena certamente non lieve, quella inflitta al porporato, ma decisamente inferiore a quella richiesta dall’accusa, che aveva invocato una condanna a sette anni e tre mesi per le due accuse di peculato e truffa aggravata, in concorso con l’esperta di intelligence Cecilia Marogna.

Nel processo, assolto Mons. Mauro Carlino. In totale, comminate pene per 37 anni complessivi

CARDINALE ANGELO BECCIU condanna
La lettura della sentenza di condanna nel processo al cardinale Angelo Becciu. Roma-CronacaLIve.it

Da altre accuse di peculato, abuso d’ufficio e subornazione di testimone (il prelato mons. Alberto Perlasca) Becciu è stato, invece, assolto.

Ben noti sono i fatti che hanno portato il cardinale sardo sotto processo: l’acquisto del palazzo londinese di Sloan Avenue e l’invio di 125mila euro alla cooperativa Spes di Ozieri del fratello Antonino, cui si aggiunge la truffa – secondo il tribunale – dei 575mila euro della Segreteria di Stato Vaticana che Becciu ha inviato alla società slovena di Cecilia Marogna, la Logsic, per la presunta liberazione della suora colombiana rapita in Mali e che, per i magistrati, i due si sarebbero, invece, spartiti da sodali.

Ribadiamo l’innocenza del card. Becciu e faremo appello”, ha dichiarato il difensore, l’avvocato Fabio Viglione, alla lettura del dispositivo. “Rispettiamo la sentenza, ma certamente ricorreremo”. Poi, in una nota con la collega Maria Concetta Marzo: “C’è profonda amarezza, dopo 86 udienze, nel prendere atto che l’innocenza del card. Becciu non è stata proclamata dalla sentenza, nonostante tutte le accuse si siano rivelate completamente infondate. Le prove emerse nel processo, la genesi delle accuse al cardinale, frutto di una dimostrata macchinazione ai suoi danni, e la sua innocenza, ci consentono di guardare all’appello con immutata fiducia“.

Di tutt’altro avviso il tribunale che, in primo grado, ha condannato Giovanni Angelo Becciu: per i giudici Giuseppe Pignatone – presidente – e Venerando Marano e Carlo Bonzano – giudici a latere – gran parte dell’impianto accusatorio portato in aula dal promotore di giustizia Alessandro Diddi, ha retto.

Unico imputato assolto, mons. Mauro Carlino, ex segretario di Becciu, ex dell’Ufficio amministrativo e ora semplice parroco nella sua Lecce (“verso di lui una gogna mediatica“, ha commentato l‘arcivescovo Michele Seccia). E nel saluto prima di ritirarsi per deliberare, oltre a ringraziare tutte le parti, Pignatone non ha mancato di sottolineare come risulti “confermato che il contraddittorio tra le parti è il metodo migliore per raggiungere la verità processuale e, mi permetto di aggiungere, per cercare di avvicinarsi alla verità senza aggettivi“.

Tra i condannati, oltre a Becciu, al termine di due anni e mezzo di processo per vicende che, secondo l’accusa, avrebbero comportato perdite per la Santa Sede oltre i 200 milioni di euro, il consulente Enrico Crasso ha avuto 7 anni; il broker Raffaele Mincione cinque anni e 6 mesi; il funzionario vaticano Fabrizio Tirabassi 7 anni e 6 mesi; l’avvocato Nicola Squillace un anno e 10 mesi (sospesi); l’altro broker Gianluigi Torzi 6 anni; Cecilia Marogna 3 anni e 9 mesi. René Bruelhart e Tommaso Di Ruzza, ex vertici dell’Aif, hanno avuto solo pene pecuniarie.

In attesa di vedere le motivazioni, tutti prevedono ricorso in appello: ci sarà anche la possibilità della Cassazione, mentre c’è già chi promette di arrivare alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, visti i forti rilievi sul “giusto processo” in Vaticano.

Rilevanti anche le confische ordinate dal Tribunale: oltre 166 milioni di euro complessivi, pari ai corpi dei reati contestati, mentre gli imputati sono stati anche condannati ‘in solido’ tra loro al risarcimento dei danni, liquidati in oltre 200 milioni di euro in totale, alle parti civili: Segreteria di Stato – difesa da tre donne, Paola Severino, Elisa Scaroina e Daniela Sticchi -, Apsa, Ior, Asif.

“Credo che l’impostazione abbia tenuto e questa per me è la cosa più importante. In questi processi non bisogna mai esultare per il risultato, un pubblico ministero non può essere mai felice per le condanne. Quello di cui sono soddisfatto è che il lavoro lungo e meticoloso ha retto nonostante le contestazioni che ci sono state mosse in questi anni: ci è stato detto che siamo degli incompetenti, degli ignoranti, in realtà il risultato ci dà ragione. Adesso sono sereno“, ha commentato il Pg Diddi.