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L’eccellenza gastronomica illumina Roma: il ristorante che ottiene la stella Michelin in soli 7 mesi

Il ristorante Orma di Roma conquista una stella Michelin
L’interno dei ristorante Orma (sito ufficiale di Orma) – CronacaLive ediz. Roma

Piatti unici e gustosi con fusion di sapori italiani e sudamericani: questa la promessa del ristorante Orma di Roma, premiato dalla Michelin.

Un nuovo ristorante è giunto a illuminare la Capitale con la sua proposta gastronomica creativa e originale. Stiamo parlando di Orma, la recente avventura dello chef Roy Caceres che, in soli 7 mesi, ha ottenuto la stella Michelin. Al suo fianco la famiglia Fiengo il cui figlio Pier Mario ricopre il ruolo di sous chef accanto a Giovanni Olivieri.

Situato nel cuore del rione Ludovisi, precisamente in via Boncompagni 31, il locale si presenta minimale ma a grande impatto visivo, frutto dell’attento progetto di architettura realizzato da Hangar Design Group. I colori chiari e neutri, sulle tonalità del beige e del bianco, fanno da contraltare alla forza di materiali come il legno, la pietra e il rame. I tavoli, dalla forma sinuosa, sembrano alberi che spuntano dal pavimento. Ogni arredo è stato pensato appositamente per creare un’armonia di bellezza e benessere.

L’ambiente, sviluppato su due livelli, dispone anche di una terrazza con ombrelloni e tavoli bianchi per aperitivi e pranzi all’aria aperta. Accanto alla formula bistrot, la parte bar propone cocktail con snack in abbinamento che variano dalle alici con olio, sedano e kaymak di erbe alla selezione di ostriche e al jamon de bellota blasquez. Ad allietare il tutto, un grande olivo al centro della terrazza circondato da fioriere di piante officinali.

Lo chef Caceres: “Felici e orgogliosi per il traguardo raggiunto”

Il ristorante Orma di Roma conquista una stella Michelin
Lo chef Caceres (sito ufficiale Orma) – CronacaLive ediz. Roma

Nato a Bogotà nel 1977, lo chef Roy Caceres non è nuovo a premi e riconoscimenti. Già nel 2011, infatti, era stato premiato dalla guida Michelin per il suo ristorante Metamorfosi chiuso nel 2020. La sua cucina, libera e fatta di contaminazioni, ora gli ha permesso di appuntarsi una nuova stella che porta Orma nel firmamento dell’alta gastronomia.

“Siamo felici e orgogliosi per il ristorante e per la città di Roma -ha detto Caceres- questo è il frutto di un grande impegno di tutto il team e vuole essere un punto di partenza per fare sempre meglio, Per me anche questa volta è un traguardo e una grande emozione. Ringrazio mia moglie Alessandra, che mi supporta in tutti i miei progetti, la mia brigata e tutti coloro che hanno creduto in me e con cui collaboriamo quotidianamente per valorizzare la nostra cucina che è portavoce di un mix di cultura e memoria“.

Lo chef colombiano, infatti, mette in tavola i sapori dell’Italia, del Sud America e del resto del mondo che mischia sapientemente creando un connubio da leccarsi i baffi. D’altronde già da piccolo, con un nonno siriano e una nonna spagnola, aveva avuto modo di sperimentare le diverse cucine. Tutto questo senza mai trascurare la qualità dei prodotti che preleva da fornitori specializzati e, soprattutto, fidati.

I cibi internazionali, per esempio, provengono dal quartiere più multietnico di Roma: l’Esquilino. Le carni, invece, da Fedro in Abruzzo mentre le verdure dall’orto di ClaPi a Campagnano. Quest’ultimo, gestito da Lorenzo Maggi, si ispira ai principi della permacultura e della coltivazione rigenerativa. I prodotti chimici sono banditi e, al loro posto, si sfrutta la vicinanza e la cooperazione tra piante amiche e piante con poteri antiparassitari.

I cibi serviti al ristorante Orma

Il ristorante Orma di Roma conquista una stella Michelin
Le pietanze del ristorante Orma (sito ufficiale di Orma) – CronacaLive ediz. Roma

Il ristorante Orma, con il suo investimento da 2 milioni di euro, vuole regalare un’esperienza che sia dinamica e senza eguali. Non a caso, il cliente sorseggia l’aperitivo e gusta qualche amuse-bouche al bancone poi fa tappa allo chef’s table con vista sulla cucina dove assapora un paio di portate e, solo alla fine, si siede al tavolo per ordinare. A gestire la sala, e i tempi di questa narrazione culinaria, ci pensa Simone De Florio. Le pietanze proposte sono tradizionali ma creative, nostrane ma interculturali, pur sempre nel rispetto della doppia anima del ristorante: quella del fine dining e del bistrot per formula lunch.

La parola d’ordine è “eliminare il superfluo”: protagonista deve rimanere sempre l’ingrediente di cui lo chef Caceres esalta il gusto mettendo al bando ogni inutile tecnicismo. Già i pani ne sono un esempio basti pensare alla pagnotta di grani antichi di Sicilia servita con finocchietto selvatico e Kajmak, un prodotto latto-caseario simile al burro ma estremamente soffice e cremoso. Tutti i pani sono realizzati con lievito madre e con le farine de I mulini del Ponte. I miscugli e gli impasti sono originali come nel caso della focaccia di crema di mais nixtamalizzato e mais bianco colombiano che viene cotta nella foglia del mais essiccata.

La formula fine dining presenta due percorsi degustazione: ‘Tracce indelebili’ da 5 portate (120 euro) e ‘Tracce correnti’ da 8 portate (150 euro). Il tutto arricchito da calici in abbinamento scelti con cura dal sommelier Matteo De Paoli tra 600 etichette e 3mila bottiglie che si trovano nelle due cantine a vista, al piano terra e al piano interrato. Due i wine pairing sul menù: uno più classico da 5 calici (80 euro) e l’altro più originale da 8 calici comprensivo di vino, sakè e sidri (110 euro).  La proposta a’ la carte, infine, comprende piatti di prima scelta tra cui la pecora abruzzese con ‘nduja e lentisco e lo spaghetto al latte di pinoli.

I dessert sono affidati al fratello dello chef, Diego Caceres, e comprendono il dolce con il platano cotto alla brace e arricchito con cioccolato bianco, panela e latte di cocco. Il tutto servito con una cialda di platano verde al vapore e gelato al kefir: un autentico richiamo al legame dei Caceres con la Colombia. Ottima la recensione di Gambero Rosso che ha valutato il ristorante con 87 centesimi (44 per la cucina, 26 per il servizio e 16 per la cantina). Non a caso il ristorante è stato chiamato Orma come anagramma di Roma ma anche in omaggio all’impronta che lo chef intende lasciare nel mondo della gastronomia capitolina.