Suicidi in carcere: 51 casi da inizio anno. Antigone: “Colpa dell’abbandono e dell’esclusione sociale”
A fronte degli ultimi casi di suicidio in carcere, Antigone ha posto l’accento sull’abbandono e l’esclusione sociale dei detenuti.
L’associazione Antigone ha lanciato l’allarme sull’aumento dei casi di suicidio in carcere: i numeri parlano di 51 persone che, da inizio anno, si sono tolte la vita in cella. Gli ultimi casi riguardano un uomo di 35 anni a San Vittore e un ragazzo di 21 anni a Regina Coeli.
“Il 35enne, con grossi problemi di tossicodipendenza, veniva da una lunga serie di episodi di autolesionismo, manifestazione di una pregressa condizione di disagio psichico. Si è impiccato con le maniche della felpa al letto. Il 21enne -ha spiegato l’associazione- non aveva un lavoro e viveva per strada. Era stato arrestato per furto a luglio e, portato in carcere, gli era stata diagnosticata la scabbia e, per questo, era stato posto in isolamento sanitario. Qui si è impiccato con le lenzuola del letto“.
“Due storie diverse ma che racchiudono il senso di quello che il carcere rappresenta sempre di più” ossia, secondo Antigone, un “luogo di esclusione sociale e disperazione“: “Ogni suicidio è un fatto a sé, ma se si guarda alle biografie di chi compie questo gesto estremo si può ritrovare un comune filo conduttore fatto di abbandono e di esclusione sociale e il carcere, sempre più, diventa luogo di ‘raccolta’ di tutti coloro di cui lo Stato non riesce o non trova il modo di farsi carico all’esterno”.
“Il sistema penale, da questo punto di vista, non può essere trattato come un sostituto delle mancate politiche di welfare, nè come uno strumento di prevenzione di comportamenti criminosi, cosa che ha dimostrato di non essere. In questa direzione va, sfortunatamente, anche il recente decreto Caivano“, ha dichiarato Antigone che ha concluso: “Per prevenire i reati servono investimenti sullo stato sociale, la tutela della salute mentale, il mercato del lavoro“.