Il padre riprende le violenze domestiche inflitte ai figli dalla madre ma per il giudice sono inammissibili: “Violano la privacy”
Urla, schiaffi, botte e, perfino, forchettate, ai figli di tre anni. Tutto ripreso in un video ma sono immagini inammissibili, secondo il Pubblico ministero, perché sono “immagini rubate” e, senza il consenso della protagonista, costituiscono una violazione del diritto alla privacy della madre.
La storia, diffusa dal Corriere della Sera, si dipana in punta di diritto, non certo quello dei bambini coinvolti, però: lo sfondo è quello di un rapporto di coppia, ormai logoro, che finisce in tribunale.
Upper-class romana: da un lato, una donna – e madre – vittima di una depressione post-partum che non vuole lasciare spazio al sentimento materno, neanche con l’aiuto di uno specialista, uno psichiatra, nello specifico. Dall’altro, un uomo – e padre – che non si rassegna ad essere separato dai figli. Già, perché questa volta il genitore violento non è lui: l’orco è lei, senza neanche quella parvenza di redenzione, pur nella nefandezza, del mito di Medea.
Quando vivevano d’amore e d’accordo, i due genitori avevano fatto installare in casa le telecamere di sicurezza. La coppia scoppia, ma le telecamere restano al loro posto. E lui, un produttore cinematografico, scopre i filmati che mostrano il crescendo delle violenze domestiche subiti dai piccoli per mano della madre. Denuncia la donna per maltrattamenti ma l’inchiesta finisce sul tavolo del pubblico ministero Barbara Trotta, lo stesso magistrato che si deve occupare anche di un’altra denuncia, quella che la donna sporge nei confronti del compagno, accusato anch’egli di maltrattamenti. Il marito reagisce con un esposto per calunnia e, come primo atto, la pm dispone che i video in questione vengano sequestrati: il contenuto non sembra interessare alcuno.
Tutto con molta calma, senza affrettare le azioni del tribunale: i mesi passano e tutto rimane esattamente come se nulla fosse accaduto. L’attenzione dei magistrato è tutta per la presunta violazione della privacy, di cui i filmati sarebbero una precisa dimostrazione. Non ci pensa neanche per un minuto, Trotta, a sentire lo psichiatra della donna. Così come non cerca di ascoltare le dichiarazioni delle piccole vittime, nonostante questa sia la normale procedura secondo le norme.
La questione dei video “rubati” finisce davanti al tribunale del Riesame e, ancora una volta, nessuno considera il contenuto dei filmati: ancora una volta, al contrario, viene convalidata la decisione di sequestrare le immagini perché essendo “frutto di una indebita captazione sono inutilizzabili“. E allora? Allora il padre avrebbe dovuto rivolgersi all’autorità giudiziaria che, evidentemente, non pare sia la Procura, vista la posizione presa dal Tribunale. E allora a chi avrebbe dovuto rivolgersi l’uomo?
Impotente, il padre dei piccoli affida i commenti al suo legale: “Rispetto ma non condivido il provvedimento del tribunale del Riesame – puntualizza l’avvocato Vincenzo Perticaro – Proporremo ricorso in Cassazione chiedendone l’annullamento. Se dovesse passare una simile giurisprudenza moltissimi casi di violenza e maltrattamenti sarebbero difficili da dimostrare, con un gravissimo danno per le persone offese“.
E, nel frattempo, tutto rimanga com’è.