Tifosi, calciatori, amici e sconosciuti intonano cori e accarezzano la bara per l’ultimo saluto a Carlo Mazzone, vicini alla moglie Maria Pia
La Chiesa di San Francesco, ad Ascoli, è talmente zeppa di persone che un maxischermo è stato allestito fuori, per permettere a tutti gli amici di Carletto Mazzone di salutarlo un’ultima volta.
La macchina fende in due la folla e le mani si allungano per un’ultima carezza, mentre sorreggono bandiere e striscioni con cui è stato salutato il viaggio finale di “Carlé”, un uomo la cui umana integrità è stata riconosciuta unanimemente ben prima della sua scomparsa, avvenuta lo scorso 19 agosto ad 86 anni.
Ci sono i cori, a salutarlo, le bandiere, gli applausi: della “sua” Ascoli, di cui era cittadino onorario, certo ma, idealmente, di tutte le città di cui ha allenato le squadre, degli avversari che sempre lo hanno rispettato.
In prima fila il sindaco di Ascoli, Marco Fioravanti e Francesco Acquaroli, il presidente della Regione. Sulla bara, fiori e le maglie di alcune delle squadre che ha allenato. Spicca quella del Brescia in cui, nelle tante interviste, Mazzone diceva di aver lasciato un pezzo di cuore, unito a quello di Roberto Baggio. Dal Cagliari una delegazione, con Roberto Muzzi a guidarla, ex calciatore di Mazzone e tantissimi colleghi: Serse Cosmi, Walter Novellino, Enrico Nicolini…
Officiano il vescovo Gianpiero Palmieri e l’arcivescovo emerito Piero Coccia. “Oggi, in questa chiesa – esordisce mons. Palmieri – ci sentiamo una grande famiglia composta da tante città che riconoscono Carlo come un padre. Non è facile salutare un padre ma lo faremo con gratitudine“.
In prima fila, la famiglia: la moglie, Maria Pia ed i figli, Sabrina e Massimo e i nipoti. Tutt’intorno, i rappresentanti delle squadre di calcio, i ragazzi delle giovanili in tuta, Ascoli e Roma, soprattutto. E gli stendardi della Fiorentina, del Bologna, la maglia del Perugia, quella del Brescia, la sciarpa bianconera dell’Ascoli.
“In un calcio spesso pieno di opportunismi – ha sottolineato mons. Coccia – Carletto non aveva scheletri nell’armadio e il suo modo di essere stato libero e onesto deve essere un esempio per tutti noi”. E ancora: “Ai suoi giocatori amava ricordare – ha concluso – che la vita è come il pallone che prima si gonfia e poi si sgonfia. Ascoli deve essere eternamente grata a Carlo Mazzone”.