Dall’inizio di maggio, 6 casi accertati di Febbre del Nilo. Un decesso risale a qualche giorno fa in Lombardia. Iss: “Nessun contagio da uomo a uomo”.
Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Sicilia e Sardegna: sono 27 le province italiane, distribuite in queste sei regioni, dove è stata accertata la circolazione dell’infezione nell’uomo della Febbre del Nilo. Dallo scorso maggio, si sono registrati 6 casi di contagio e, recentemente, un decesso in Lombardia.
Ne ha dato notizia l’Istituto Superiore di Sanità, affidando la comunicazione ad un tweet, ma quella della Febbre del Nilo non è certo un’infezione nuova ai ricercatori, dato che nell’estate scorsa si erano registrati 588 casi con 37 decessi. Secondo quanto si legge sul sito dell’Iss, la stagione delle malattie trasmesse da insetti, nel nostro Paese, è iniziata ben precocemente: già a maggio, infatti, si era riscontrata una discreta circolazione della Febbre del Nilo (West Nile) tra zanzare e uccelli selvatici (ghiandaie, gazze e cornacchie grige le specie-bersaglio). E’, quindi, partito immediatamente il protocollo di prevenzione su trasfusioni e trapianti nelle zone interessate.
Un allarme condiviso anche dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc – European Centre for Disease Prevention and Control, ndr) che, recentemente ha lanciato un alert sulle zanzare e sui conseguenti rischi per la salute.
Sul fronte vaccini, per il momento, non ne esiste uno specifico per contrastare il virus che provoca la Febbre del Nilo, nonostante sia attivo un’ alacre sforzo da parte dei ricercatori: la strategia di prevenzione, al momento, è affidata a cercare di evitare di farsi pungere dalle zanzare, usando lozioni, unguenti, diffusori aerei, zanzariere a porte e finestre e suggerendo di coprire braccia e gambe, soprattutto all’alba ed al tramonto.
Il periodo di incubazione, dalla puntura della zanzara infetta, varia tra i 2 ed i 14 giorni ma può arrivare fino a 21, nei soggetti che presentino un “deficit a carico del sistema immunitario“. Secondo quando sottolineato dall’ Iss in proposito, la maggior parte delle persone infette è priva di sintomi ma, tra coloro che sono, invece, sintomatici, il 20% circa manifesta febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati e manfestazioni cutanee.
Meno dell’ 1% degli infetti, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, presenterebbero sintomi più gravi: 1 su 150 infetti risulterebbe affetto da febbre alta, mal di testa violenti, debolezza, disorientamento, tremori, convulsioni e, financo, paralisi e coma, con effetti che, pur se raramente, possono rivelarsi permanenti.
Ne caso di 1 contagiato su 1000, infine, il virus può provocare un’encefalite letale: e sono, questi, i casi più gravi.
Per quel che riguarda le terapie, la pagina dedicata al virus West Nile sul sito dell’Iss si legge: “Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale, dove i trattamenti somministrati comprendono fluidi intravenosi e respirazione assistita“.