Per la Cgia di Mestre, al nord si lavorano 2 mesi in più all’anno che al sud. La causa è da ricercare nel lavoro nero.
La piaga del lavoro nero “ruba” due mesi di operosità ai lavoratori del sud che, secondo una fotografia scattata dalla Cgia di Mestre, hanno uno scarto di ben 36 giorni lavorativi all’anno rispetto ai colleghi del Nord. I quali, quindi, possono contare su una retribuzione giornaliera più alta del 34%.
Insomma, basta con il cliché dei meridionali che non hanno voglia di lavorare: il problema è proprio tutto quel sudore sommerso, pagato meno e che non fa neppure statistica. “Se non si comincia a contrastare efficacemente il lavoro irregolare – dicono dalla Cgia – il divario Nord-Sud è destinato ad aumentare, danneggiando tutto il Paese”.
La Confederazione Generale Italiana degli Artigiani ha rilevato da dati Inps che, nel 2021, le giornate retribuite al Nord sono state 247; al Sud, invece, 211. Lo scarto registrato è di 36 giorni in più, praticamente quasi due mesi lavorativi. Non solo! Il lavoratore regolarmente assunto al Nord ha percepito circa 100 euro lordi al giorno, mentre il collega meridionale si è fermato a 75.
Meno industrie, soprattutto hi-tech, scarsa concentrazione di attività bancarie, finanziarie ed assicurative lasciano spazio, al sud, all’economia sommersa, composta da un’infinità di lavoratori precari, intermittenti e stagionali, legati prevalentemente, questi ultimi, al mondo del turismo e dell’agricoltura.
Praticamente una tempesta perfetta che si riflette sugli stipendi percepiti dai lavoratori regolari del meridione, decisamente inferiori alla media nazionale, quasi si adeguassero naturalmente ad una gabbia salariale che, nei fatti, è una realtà.