Gli applausi, la folla composta e silenziosa, fin fuori la chiesa. E i palloncini bianchi e rosa. Le parole del vescovo accompagnano Michelle nel suo ultimo viaggio. E il suo nome risuona, scandito dagli amici.
“Michelle!” La messa si è appena conclusa quando il nome della giovane risuona fuori dalla chiesa, all’aperto. Sembra il segnale, la parola d’ordine di una folla rimasta composta e silenziosa fino a quel momento: le mani si aprono e centinaia di palloncini bianchi e rosa si alzano in aria. “Mimmi”, è il nome composto da alcuni palloncini a forma di lettera; è uno dei tanti nomignoli affettuosi di Michelle, l’ennesima vittima di quella che sembra una guerra dichiarata nei confronti delle donne.
Tutto comincia oggi, verso le 11: la chiesa di Santa Maria della Presentazione, in via Torrimpietra, è piena zeppa di amici, conoscenti o, semplicemente, di persone che non riescono a darsi pace per la sorte toccata a Michelle Causo. E chi non trova posto dentro, rimane fuori, sui gradini o sul sagrato, accanto agli altoparlanti.
Un applauso saluta l’ingresso in chiesa della bara bianca in cui riposa Michelle e squarcia il silenzio. Rimbalza tra le navate e sembra colpire in piena faccia tutti quelli che l’hanno amata. Lacrime e commozione, rabbia e voglia di giustizia. “Questa morte non sia sprecata – sottolinea nell’omelia il vescovo Baldo Reina – ma diventi il segno di una necessità, quella di cambiare insieme questo mondo”.
Ragazzi della stessa età di Michelle si stringono intorno alla mamma della giovane, Daniela Bertoneri, l’abbracciano mentre scoppiano in lacrime. Gianluca Causo, il papà di Michelle è in prima fila, sorretto dalle stampelle. Siede accanto a Flavio, il fidanzato della ragazza: lui ha deposto una corona di rose bianche e rosse, a forma di cuore. “Ti amo“, si legge.
“Il degrado non è in un quartiere o in una periferia – sferza ancora il vescovo Reina – . Il degrado è nel cuore di ognuno di noi”. E, davanti alla bara bianca, continua il suo appello, esortando a “prenderci cura della vita e a rialzarci” e ad essere “strumenti di vita e mai di morte“.
La messa termina tra i singhiozzi. Ed è in quel momento che, fuori, mentre un altro applauso saluta la bara bianca che esce dalla chiesa, i palloncini si alzano in volo. Ed papà di Michelle si lascia andare ad un grido di dolore rabbioso: “Spero che la madre (di O.D.S., ndr) soffra come soffriamo noi”.
Lì vicino si accumulano i fiori lasciati in memoria della giovane straziata da 6 coltellate. Sono rose bianche e girasoli, per lo più, raggiunte dalle rose rosse di Flavio e dal suo “Ti amo” all’indirizzo di Michelle. E ci sono anche le corone di Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio e del sindaco di Roma, Roberto Gualteri. C’è perfino un orsacchiotto di peluche.
“Mia figlia – mormora Daniela Bertoneri – rappresenta un grido di speranza per porre fine al femminicidio. Può succedere a chiunque. I ragazzi devono vivere sereni senza avere paure“. E conclude: “Michelle vive in tutti loro. In ognuno di noi“.
In quelle stesse ore, nell’appartamento in via Dusmet, dove Michelle è stata massacrata da 6 coltellate che un ragazzino della medesima età ha confessato di averle inflitto, si conduce un nuovo sopralluogo. Forse per cristallizzare ulteriormente la scena del crimine con particolari che possano chiarire i dubbi degli investigatori: Oliver D.S. ha davvero fatto tutto da solo? E il movente è veramente quello raccontato? Michelle è stata uccisa sul serio per una manciata di euro?