Aeronautica Militare e Università, in sinergia per sperimentazioni senza precedenti durante il volo suborbitale.
Destinata a fare storia, notizia nella notizia, anche il progetto di ricerca medico-scientifica che ha preso forma proprio durante il viaggio del 29 giugno a bordo della Virgin Galactic: 3 minuti che valgono il lavoro di una vita per medici e scienziati, desiderosi di studiare gli effetti in orbita sull’efficienza fisica degli astronauti.
Un progetto che ha richiesto l’allestimento di un vero e proprio laboratorio di ricerca da campo, nell’hangar dello Spaceport America, New Mexico, in pieno deserto, in cui hanno lavorato un team multidiscipllinare di elevatissimo livello. 3 minuti di mircogravità per “prevenire, diagnosticare precocemente e migliorare la cura di patologie ampiamente diffuse nella popolazione – si legge in una nota sul sito dell’ Università di Milano – partendo dal più aggressivo dei tumori fino ad arrivare all’invecchiamento”.
Invio di cellule umane in orbita, prelievo di campioni biologici degli astronauti prima e dopo il volo, scansioni corporee – attraverso risonanza magnetica ad alto campo – di organi vitali come cervello e cuore produrranno immagini analizzate da sovrapporre ai dati molecolari elaborati da algoritmi di intelligenza artificiale per creare modelli di rischio e di terapia personalizzata in diversi campi: dall’oncologia alle malattie neurodegenerative fino all’ottimizzazione delle prestazioni di futuri astronauti.
“La collaborazione scientifica – ha commentato entusiasta Monica Miozzo, ordinario di Genetica medica del Diprtimento di Scienze della salute di UniMi e direttore della Struttura complessa di Genetica medica dell’Asst Santi Paolo e Carlo di Milano – è stata frutto di tanto lavoro basato sul gioco di squadra all’interno del team allargato“. E ha poi continuato, precisando di aver ricostruito nell’hangar di Spaceport America “un laboratorio di riceca ex novo traspordando da Milano tutta l’attrezzatura necessaria, compresi incubatori, cappe sterili, terreni di coltura e le cellule vive“.
“Sono particolarmente soddisfatto per la presenza della Statale, in particolare del gruppo di ricerca della professoressa Monica Miozzo, in questo straordinario volo suborbitale – ha commentato il rettore di UniMi Elio Franzini – condotto nell’ambito della nostra collaborazione scientifica con Aeronatica Militare“.
Il team coinvolto è davvero di notevoli proporzioni: si tratta del Servizio sanitario dell’Aeronautica Militare – guidato dal cap. Giovanni Marfia, in collaborazione con UniMi, Fondazione Irccs Policlinico di Milano, Università Sapienza di Roma, quella Politecnica delle Marche, Asst Santi Paolo e Carlo di Milano e l’italiana Andremacon Biotech.