Matteo Di Pietro, un’ora davanti ai magistrati di piazzale Clodio per raccontare la sua versione dei fatti. Gli amici a bordo del suv: “Rallenta!”
Un’ora per dare la sua versione dei fatti, per raccontare la sua verità sui fatti di Casal Palocco, costati la vita ad un bambino di 5 anni per filmare una delle tante imprese che registrano migliaia di like da parte dei follower. Matteo Di Pietro non si avvale della facoltà di non rispondere, come sarebbe stato, comunque, nelle sue opzioni.
Ed è poi rientrato nella sua abitazione, dove rimmarrà, sottoposto agli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio stradale aggravata dalla velocità. 124 chilometro orari, secondo quanto precisato dal gip nell’ordinanza: tanto segnava il gps a bordo del suv Urus Lamborghini guidato da Di Pietro poco prima dell’impatto con la Smart su cui viaggiava il bimbo. E gli accertamenti sul luogo dell’impatto non hanno rilevato alcun evidente segno di frenata.
“Sono distrutto – ha dichiarato Di Pietro – e addolorato per quanto è accaduto“. Faccia stanca, sguardo spaventato, camicia azzurra e pantaloni chiari, Matteo Di Pietro sembra ancora più giovane dei suoi vent’anni. Ma la valutazione del Gip sul ragazzo è tranchant: l’ordinanza di custodia cautelare parla di “indole aggressiva” e personalità “non tranquillizzante”.
In attesa degli esiti sugli accertamenti disposti dalla procura per stabilire esattamente la velocità cui viaggiava il suv e sul contenuto dei dispositivi sequestrati, emergono anche le dichiarazioni di due dei quattro ragazzi a bordo dell’Urus Lamborghini.
Gli avrebbero chiesto in più occasioni di rallentare, di andare più piano. Uno i loro ha dichiarato: “Ero seduto sul sedile centrale posteriore della Lamborghini. Non guardavo la strada perché mi stavo riprendendo con le telecamere e rivolgevo domande a chi era con me: ‘ A chi piace questa macchina?‘. E poi, dopo avere finito, ho chiesto a Matteo di andare piano“. Ed ha poi proseguito: “Ho avuto sicuramente la precezione che stessimo viaggiando ad una velocità compresa tra i 50 km orari e i 100. Ne ho avuta la certezza una volta vista la Smart“.
C’è anche un secondo ragazzo che avrebbe raccomandato a Matteo di rallentare, fino a pochi minuti prima dello schianto ma, anche, il giorno precedente. “Al momento dell’incidente – ha precisato il testimone – stavo registrando con la camera piccola mentre un altro amico stava utilizzando quella grande“.
Il gruppo, quindi, sembra sempre meno granitico. Dop0 la presa di distanze sui social di Vito Lojacono, “Er Motosega“, per gli intimi, anche gli altri stanno cominciando a riconsiderare la questione. Insieme a Marco Ciaffaroni, il “Ciaffa” anche Simone Dutto e Gaia Nota.
E proprio lei, l’unica ragazza a bordo, salita sul suv solo poco prima dell’impatto con la smart e seduta accanto a Di Pietro, ha dichiarato: “Ho chiuso gli occhi per la paura e l’ultima immagine che mi è rimasta impressa è quella della macchina orizzontale ferma davanti a noi. Matteo non andava sicuramente a 40 km orari ma nemmeno eccessivamente veloce – conferma Gaia Nota – e una volta vista la Smart ha provato a frenare. Dopo l’impatto sono scoppiati entrambi gli airbag. Sono scesa per ultima dalla macchina perché la portiera era bloccata dalla Smart e immediatamente ho provato a prestare assistenza al piccolo Manuel”.