Regina Coeli, maxi rissa all’ora della messa. Sappe: “Situazione insostenibile. Protesteremo”.
Maxi rissa tra detenuti a Regina Coeli. Il sindacato “E’ una lotta tra bande. L’immobilismo dell’amministrazione è insostenibile“.
La scusa era quella di andare tutti a messa: in realtà si erano radunati per un regolamento di conti. In una settantina, dalla sezione III, si erano incamminati, armati di tutto quello che erano riusciti a togliere dalle celle: pezzi di legno come bastno, aste di ferro come spranghe.
L’intenzione però, era quella di affrontare gli altri detenuti, quelli della VI sezione, in pochi, a quando raccontano gli agenti della penitenziaria. Ben presto, però, a dar man forte ai compagni in minoranza, sono arrivati un’altra sessantina di detenuti della stessa sezione.
Sono volati pugni, calci, perfino le sedie preparate per la funzione sono diventate armi offensive da fracassare in testa ai nemici.
E soltanto uno sparuto manipolo di agenti a fronteggiare la rissa: “Poteva essere una carneficina – racconta Maurizio Somma, segretario nazionale per il Lazio del Sappe, sindacato della polizia penitenziaria – tenuto conto che c’erano solo tre poliziotti in servizio“.
E come siano riusciti, in tre soltanto, a scongiurare il peggio ha del miracoloso davvero, soprattutto considerando che nessuno degli agenti “è rimasto coinvolto, contuso o ferito” – conclude Somma.
Tensioni già da ieri tra i detenuti. Il sindacato annuncia proteste eclatanti
Già da ieri tirava brutta aria, comunque, tra le sezioni del Regina Coeli. Secondo quanto riferisce il sindacato, i detenuti della III sezione, tutti a torso nudo, si erano rifiutati di rientrare nelle celle. Solo l’intervento di un sovrintendente della polizia penitenziaria aveva convinto gli uomini a desistere dal loro intento.
“Ma la cosa più grave – sottolinea Somma – è l’immobilismo dell’amministrazione penitenziaria di fronte a lotte tra bande che ormai sono all’ordine del giorno“. Una denuncia pesantissima che ha un epilogo prevedibile. “Come Sappe – conclude Somma – stiamo decidendo di dare vita a breve ad eclatanti azioni di protesta“.
“Le carceri sono un colabrodo – fa eco Donato Capece, il segretario generale, e continua il suo j’accuse contro “la vigilanza dinamica: ovviamente tutto ciò si è potuto verificare grazie al regime ‘aperto‘ e solamente la prontezza e la professionalità del personale intervenuto ha evitato un epilogo ben più drammatico“.